All’inizio era il periodo del fast, veloce. Tutto doveva essere il più rapido possibile, dal cibo alla moda, dal modo di lavorare a quello di passare il proprio tempo libero e il consumismo, la mania dell’usa e getta imperavano.

Era il periodo d’oro dei fast food che aprivano come funghi ed erano sempre pieni e dei capi di abbigliamento che cambiavano stile dopo poco tempo e costavano il meno possibile; proprio il costo era la preoccupazione principale, se non l’unica, dei consumatori.

Poi il grande periodo del consumismo, complice anche la crisi economica, è finito ed il mondo fast è diventato un mondo slow, nuovo che cerca di riassestarsi a misura d’uomo.

Anche la moda per fare fronte alle esigenze dei consumatori è diventata slow, più attenta al bene di chi acquista che al facile guadagno e soprattutto più rispettosa dell’ambiente.

I consumatori non tolleravano più la grandi catene del fast fashion, che propongono collezioni sempre nuove a prezzi bassi, troppo bassi per tenere conto di tutto il processo di lavorazione che c’è dietro ad ogni singolo capo.

Un po’ per la crisi economica che ha diminuito il potere d’acquisto e un po’ per una nuova consapevolezza ambientale, i consumatori si sono evoluti ed ora chiedono capi di abbigliamento che durino a lungo, che si possano riparare con facilità e soprattutto che non siano già vecchi poche settimane dopo l’acquisto.

I reportage shock di alcuni programmi televisivi che a livello mondiale hanno dimostrato che il fast fashion è di qualità scadente e che gli abiti vengono fabbricati nei Paesi poveri con operai tenuti in condizione di schiavitù e con coloranti tossici hanno profondamente scosso la coscienza di noi consumatori occidentali e ci hanno spinti a richiedere maggiore qualità e rispetto dei lavoratori.

L’inquinamento riguarda anche l’industria della moda

L’inquinamento è ormai percepito come il problema maggiore che siamo chiamati ad affrontare in questo inizio del XXI secolo ed era chiaro che anche l’industria della moda dovesse assolutamente ed urgentemente mettere un freno a sprechi e sostanze inquinanti rilasciate in atmosfera e nel terreno.

Forse non tutti sanno che la fashion industry è la seconda più inquinante al mondo dopo quella del petrolio perché usa tante materie prime che non possono essere riciclate.

Anche in consumo di acqua utilizzata nelle fasi di lavorazione e confezionamento degli abiti è altissimo e con il crescente pericolo di desertificazione non è più sopportabile dal pianeta.

Nessuno fino a pochi anni fa pensava che anche un semplice capo di abbigliamento potesse rivelarsi un pericoloso agente inquinante, capace di avvelenare acqua, aria e terra.

Nei tessuti venivano, e a volte vengono ancora, introdotti anche materiali spesso pericolosi per la salute come i già citati coloranti tossici e anche microplastiche che sono le maggiori responsabili di alcuni dei più grandi disastri ambientali.

I materiali di cui sono fatti i nostri abiti possono influenzare anche la nostra salute perché le sostanze tossiche penetrano attraverso la nostra pelle e possono causare danni anche molto gravi al nostro organismo, per questo i consumatori sono diventati più attenti e consapevoli di quello che indossano.

L’attenzione dei consumatori per il biologico e per il naturale è cresciuta enormemente ed anche nell’industria del fashion questa tendenza è aumentata e si sta consolidando sempre di più.

Chi acquista un abito nuovo cerca fibre naturali, magari coltivate secondo metodi biologici e colorate con coloranti non tossici, segno che i tempi sono davvero cambiati.

L’organizzazione ambientalista Greenpeace è stata la prima a lanciare l’allarme per l’elevato inquinamento causato dai processi produttivi della fashion industry ed ha quindi lanciato il suo Manifesto della Moda.

Greenpeace chiede alle grandi firma del fashion di non usare, o almeno usare il meno possibile, prodotti chimici aggressivi e pericolosi e di smaltirli in modi corretto.

Anche il consumo d’acqua deve essere ridotto al minimo perché l’acqua è una risorsa preziosa sempre più rara e non possiamo permetterci di sprecarla.

Gli allarmi degli scienziati sulla salute del pianeta sempre più a rischio non sono rimasti inascoltati dal mondo del fashion che per la prima volta si è scoperto attento al mondo che ci circonda.

L’appello dell’organizzazione ambientalista è stato accolto da tanti addetti del mondo fashion, anche da famosi fashion blogger e fashion influencer, modelle e modelli anche famosi, designer e stilisti e le grandi maison di moda stanno convertendo le loro produzioni al slow fashion.

Yamamay sostiene un progetto di pulizia degli oceani dalle grandi concentrazioni di plastiche e microplastiche, mentre H&M ha iniziato a produrre i suoi abiti con un nuovo materiale innovativo e non inquinante, chiamato econyl, fibra di nylon completamente rigenerata che si ricava dalle reti da pesca e dai rifiuti che inquinano gli oceani.

I rapporti tra fashion industry ed inquinamento sono ormai chiari ed è per questo che dall’incontro tra esigenze nuove dei consumatori e grandi griffe stanno nascendo progetti nuovi e anche nuovi tessuti e materiali innovativi come i filati ricavati dalle bucce di arancia ed altri.

Giovani imprenditori nel mondo del fashion sapranno convertire davvero il mondo del fashion all’ambientalismo e a farlo diventare più green?

Si spera di si perché ormai è chiaro che slow fashion vuole dire futuro, vuole dire ambiente più sano, meno inquinamento e tessuti più tollerabili dalla nostra pelle.

La salute della pelle è fondamentale perché la pelle è la vera spia dello stato di salute di tuto l’organismo; coloranti tossici e troppo aggressivi ledono in profondità la nostra pelle e di conseguenza avvelenano tuto il corpo.

L’ideale per fare diventare più green ed ecologico il mondo fashion è proprio puntare sui giovani imprenditori ed influencer che studiano tessuti nuovi, meno inquinanti e più rispettosi non solo dell’ambiente ma anche delle nostra salute.

Per comprare consapevolmente quindi affidiamoci ai brad dell slow fashion e potremo così dire di avere fatto bene a noi stessi ed anche al nostro pianeta che sta soffocando a  causa dell’inquinamento e dei rifiuti che noi stessi abbiamo prodotto con i nostri comportamenti sbagliati.

A questo punto non si può non dire che slow fashion è il migliore investimento per il nostro futuro.

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